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Tag: social network

TikTok, un algoritmo che funziona in politica

La piattaforma cinese sempre più in evoluzione, si sta da poco facendo spazio nel chiacchieratissimo settore dell’attivismo politico.

Nel corso della storia e del tempo, il modo di comunicare è sicuramente cambiato. Allo stesso modo la politica si è evoluta, in cerca di soluzioni innovative per raggiungere un pubblico sempre più ampio.
Vediamo come, al giorno d’oggi, questo argomento è diventato quasi un trend da seguire sul social più ambito del momento.

Il social della libertà di espressione

TikTok ospita una grande e diversificata comunità di attivisti. Sulla piattaforma possiamo incontrare video che parlano di dichiarazioni politiche, teorie della cospirazione, contenuti razzisti e sessisti o addirittura fake news dovute alla disinformazione.

TikTok si è sempre distinto come portavoce di un target omogeneo e internazionale. In particolare dà modo ai giovani di connettersi ad un pubblico vicino usando ricorrenze simboliche collettive, che possono essere fisiche, visive o virtuali (come danze e balletti virali o hashtag in tendenza e citazioni del momento).

La nuova moda di comunicare in politica

TikTok è un social network relativamente nuovo, fresco e giovanile, che attrae fasce di ragazzi di tenera e media età. Nonostante questo, come tutti i canali digitali, all’interno dell’applicazione sono recentemente approdati anche gli adulti, e con loro la politica in vecchio stile.

Ma TikTok è davvero pronto ad affrontare questa diplomatica invasione social dovuta dall’avvento dei boomer?

In realtà TikTok stabilisce l’impossibilità di “fare politica” sulla piattaforma, e la stessa regola viene riproposta per quanto riguarda gli annunci a pagamento:

Niente annunci a favore o contro un politico o un partito. No ad annunci elettorali. Niente annunci che criticano o esaltano provvedimenti di un governo.”

Queste sono le linee guida più rilevanti per il corretto utilizzo della piattaforma, ma è risaputo ormai che la nuova generazione sia interessata più di ogni altra cosa ai diritti, all’ambiente e alla politica.

Il conflitto politico su TikTok è ancora relativamente limitato e, spesse volte, è controproducente. Le discussioni e i confronti su questa piattaforma sfociano molto facilmente e vengono filtrati attraverso le caratteristiche, le singole identità e le esperienze personali dei giovani utenti, considerando il dialogo politico sotto un aspetto molto privato e personale.

Se lo scorso ottobre, dunque, TikTok ha vietato la pubblicità a pagamento che tratta di politica, è proprio su questo social che i movimenti politici più riconosciuti stanno prendendo piede, producendo una quantità intingente di contenuti, commenti ed interazioni. 

Ad esempio, in Italia #greenpass ha raggiunto 53,6 milioni di visualizzazioni e #ddlzan 63,1 milioni, mentre l’hashtag #blacklivesmatter per 27,8 miliardi di visualizzazioni e #georgefloyd ne ha raccolti 5,1 miliardi.

Il razzismo e il caso #BlackLivesMatter

Gli elementi condivisi dai giovani riguardanti la politica, che si concretizzano in canzoni o hashtag, sono aspetti fondamentali nel contesto dell’espressione legata a Black Lives Matter su TikTok. Esiste una grande diversificazione in termini di stile ed espressione, dall’ironia alla rabbia, dalle proteste, dai meme, dai gif alle interviste.

Dal brutale episodio dell’afroamericano George Floyd, risalente al 25 maggio 2020, si è da subito sviluppato un senso di solidarietà e consapevolezza generazionale collegato al concetto di espressione politica libera e condivisa: sui social e nei vari filmati di proteste, si notano diversi commenti come “Adoro la nostra generazione con tutto il cuore” e “La Gen Z sta cambiando il mondo”, il che è davvero interessante perché le “generazioni”, in genere, non si riferiscono a sé stesse come gruppi di appartenenza.

Colpisce soprattutto il forte impatto che semplici e brevi parole come gli hashtag abbiano un forte impatto nelle conversazioni che si generano nel mondo digitale e, in questo caso, come questi vengano utilizzati anche da persone al di fuori degli Stati Uniti per sostenere il movimento BLM. Ad esempio, in Israele le proteste in solidarietà del Black Lives Matter si sono unite alla protesta degli israeliani di origine etiope che subiscono discriminazione razziale da parte della polizia del territorio.

Questo indica come TikTok consenta ai giovani d’oggi di dare voce alle loro battaglie e paure, collegando un messaggio personale ad un momento politico di ampia portata.

TikTok porta visibilità alla guerra

L’invasione russa dell’Ucraina non è la prima guerra dei social media, ma è la prima a svolgersi su TikTok. L’attuale conflitto, alimentato dall’effetto virale della piattaforma, ha creato in modo importante un flusso infinito di filmati che raccontano la guerra come non era mai capitato prima d’ora.

Questi report e video sono letteralmente diventati una salvezza per gli investigatori che attualmente cercano di tracciare i movimenti dell’esercito russo. E in questo periodo storico c’è molto seguito per i video sulla guerra: tra il 20 e il 28 febbraio, le visualizzazioni dei video con l’hashtag #ukraine sono passate da 6,4 a 17,1 miliardi.

Ed è così che la terribile guerra scoppiata in Ucraina è stata nominata come la prima “social media war”, che vede una forte strategia comunicativa del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che non ha mai abbandonato il suo paese, bensì è da subito rimasto per lottare vicino al suo popolo, come un vero e proprio eroe. 

Come ormai sappiamo, il conflitto si sta combattendo anche sul web, perciò sta diventando sempre più difficile distinguere le vere notizie da quelle false.
Resta importante sottolineare che TikTok lotta per impedire il diffondersi di informazioni false e teorie del complotto.
L’applicazione ha recentemente aggiornato una sezione che avverte gli utenti di “verificare i fatti utilizzando fonti affidabili” quando ricercano determinate categorie di argomenti.

Conclusioni

TikTok è sicuramente il social rappresentativo del momento, sempre più noto soprattutto come palcoscenico di propaganda politica.
È necessario capire che una piattaforma che ottiene una forte risonanza e un grande riscontro, funziona se si hanno affinità con il mezzo in questione, se si sanno veicolare i messaggi in modo giusto e intelligente, non se si vuole provare ad essere giovanili a tutti i costi, senza alcun effetto positivo futuro.

Perché non è sempre bene fidarsi…in Rete

La teoria del complotto

Un complotto (o cospirazione) è un’azione condotta da più persone mediante un accordo segreto, che mira ad alterare o sconvolgere una situazione sociale consolidata.

La parola “cospirazione” deriva dal latino cum spirare (respirare con) e indica un accordo profondo, intellettuale e sentimentale, con l’intenzione di raggiungere l’obiettivo prefissato.

Il complotto viene solitamente architettato da un gruppo, una minoranza ristretta: si tratta di attori anonimi e avvolti nel mistero, per cui non si conosce chi realmente faccia parte dell’organizzazione.

Le informazioni sugli eventi più rilevanti vengono trasmesse velocemente grazie ai mezzi di comunicazione; la teoria del complotto seleziona alcune notizie e fotografie dal flusso informativo per insinuare il dubbio sulla veridicità delle informazioni.

Il complottismo

Il complottismo non presta attenzione alla verità e all’autenticità, ma alla verosimiglianza per poter diffondere il sospetto su ciò che appare.

La logica del complotto si basa sui pregiudizi. Quando si pensa a qualcosa, viene avviato il processo relativo al modo di intenderla e di darle una forma.

Se il modo di intendere risulta falsato e distorto si parla di pregiudizio, se invece è favorito e facilitato, si parla di presupposto. Il presupposto è quindi inevitabile perché compone e struttura un pensiero, mentre il pregiudizio falsa e distorce e fa parte della logica del complotto perché è manipolatorio.

Il concetto di “menzogna” è connesso a quello di “complotto” e si traduce in diverse forme difficili da individuare e da smascherare. La menzogna può cambiare il significato degli eventi e presentarli come non veri: è un’arma politica perché può provocare delle reazioni a catena con l’obiettivo di plasmare e manipolare la realtà.

Cosa sono le fake news?

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Con il termine fake news si intendono tutte quelle notizie, che pur non avendo nessun fondamento verificato, circolano in rete, sui social network o sui media tradizionali. 

Si tratta di menzogne, di cui è possibile dimostrarne la falsità, ma che comunque hanno un grande appeal e riescono ad arrivare a milioni di persone attraverso i canali di trasmissione.

Fake news in politica

Dal punto di vista dell’opinione pubblica, la politica è diventata teatro di fake news.

È ovvio che i social network, al giorno d’oggi, permettano più facilità nella diffusione delle fake news, che hanno acquistato una grande capacità per quanto riguarda la distorsione dei fatti e per ottenere più consensi. 

Le accuse di divulgare fake news vengono utilizzate spesso in politica per delegittimare un avversario, specialmente durante i discorsi pubblici. Le cosiddette “bufale” si possono trovare sui quotidiani, quando i giornalisti non verificano la veridicità delle notizie, ma non solo. 

Si può parlare anche di fake news online, soprattutto negli Stati Uniti, dal 2016 con le elezioni presidenziali che hanno visto la sconfitta di Hillary Clinton, in cui i social sono diventati un grande veicolo di fake news.

La rapidità di trasmissione dei social network trova inoltre un grande pubblico che, molte volte per comodità o per pigrizia, crede a ciò che legge online senza voler fare ulteriori approfondimenti.

Fake news: un fenomeno recente?

Le fake news non sono derivanti da internet come molti credono ma esistono già da moltissimi anni, solo che venivano chiamate semplicemente “notizie false”. 

La rete però ha accentuato questo fenomeno rendendolo più diffuso e meno controllabile.
Le statistiche dicono che il 66% delle persone crede alle fake news e il 57% delle notizie false circolanti riguardano politica e cronaca.

Con la nascita e la diffusione di Internet, si pensava di avere a che fare con un mezzo democratico e onesto per condividere le informazioni ma in realtà, è ormai noto come miliardi di persone possano partecipare alla diffusione delle informazioni ad una velocità sconcertante.

È vero che la democratizzazione delle informazioni consente a tutti di partecipare, ma è altrettanto vero che chiunque può scrivere quello che desidera, includendo punti di vista distorti, opinioni ignoranti o disinformate.

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Teorie complottiste e fake news che hanno fatto il giro del mondo

Le teorie complottiste fanno parte della nostra vita quotidiana ed il complotto è sempre esistito, in quanto caratteristica intrinseca alla natura umana: l’uomo non è fatto per agire in modo trasparente e genuino.

Nel corso degli anni sono emerse molte teorie cospirative e alcune si sono rivelate frutto della paranoia delle persone, che ha raggiunto dei livelli di follia che hanno dell’incredibile.

Il caso Titanic

C’è una teoria complottista secondo cui il Titanic sia stato affondato di proposito, con lo scopo di eliminare tre persone molto ricche ed influenti che si opponevano alla creazione della “Federal Reserve”, fondata l’anno successivo alla tragedia.

La teoria del PID

Conosciuta come la teoria del PID (Paul is dead?) è la teoria della morte di Paul McCartney, secondo la quale il famoso cantante sarebbe morto in un incidente stradale e, per conservare il suo successo, la band avrebbe deciso di sostituirlo con un sosia, lasciando però indizi nelle canzoni e nelle copertine degli album.

"La Terra è piatta"

Una delle teorie più famose è quella che sostiene che la Terra sia piatta: nonostante la scienza abbia dimostrato da secoli la forma sferica del nostro pianeta, i terrapiattisti sono convinti che sia esso piatto.

Gli attacchi a Barack Obama

Una teoria complottistica, che ha visto protagonista Obama, era quella che affermava la capacità dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America di controllare il meteo, al fine di distogliere l’attenzione dei cittadini da alcune polemiche alimentate nei confronti della Casa Bianca.

Riguarda proprio l’ex presidente degli Stati Uniti una delle bufale più diffuse negli ultimi anni: in passato, una serie di falsi del certificato di nascita di Barack Obama, hanno messo in discussione il suo luogo di nascita, ed è risaputo che non si potrebbe aspirare alla Casa Bianca senza essere nati in America. Le voci sono state poi smentite affermando che Obama sia nato ad Honolulu, Hawaii.

L'email di Bill Gates

Una delle prime fake news circolate su Internet è stata creata nel 1997 ed era un’email che cominciò ad arrivare a tutti nel mondo, il cui contenuto citava la volontà di Bill Gates di regalare del denaro ai destinatari.

Sono numerose anche le fake news sui vaccini, specialmente con l’attuale pandemia; una di queste troverebbe in uno dei vaccini autorizzati una possibile causa dell’infertilità femminile. 

Il web e i social network hanno oggi più che mai un potere colossale, poiché il flusso di disinformazione che si diffonde online è in grado di manipolare gli utenti mediante la pubblicazione di notizie allarmanti.

Plandemic

Si è inoltre diffusa in un video online e in un libro diventato bestseller su Amazon, “Plandemic”, la teoria che mette insieme una serie di bufale sul Coronavirus parlando di un piano più ampio. Quello secondo cui i “ricchi” avrebbero diffuso il Coronavirus per aumentare i tassi di vaccinazione.

L’autrice del video è Judy Mikovits, una biochimica caduta in disgrazia nella comunità scientifica dopo uno scandalo nel 2009 per uno studio che collegava la sindrome da fatica cronica a un retrovirus rinvenuto dai gatti.

Il video è stato rimosso da diverse piattaforme (come Facebook e Youtube) per la diffusione di informazioni fuorvianti e dannose alla salute pubblica.

Tra le affermazioni presenti nel video c’è l’idea che le mascherine, non solo non difendano dal virus, ma che il loro utilizzo sia pericoloso; che chiudere le spiagge sia un errore perché nell’acqua ci sono dei microbi guaritori e che il numero dei morti si stato esasperato per aumentare il controllo sulla popolazione.

Fake news e Covid-19

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Sono tante le teorie complottiste che ruotano attorno al Covid-19 e tra le più diffuse c’è quella che il virus sia una “punizione” da parte degli Stati Uniti nei confronti dei suoi principali avversari: la Cina (a causa della guerra sui dazi), l’Italia (per via del suo allontanamento dall’USA) e l’Iran (per i trascorsi che ci sono stati tra i due Paesi).

Un’altra teoria è di chi crede che il virus sia stato utilizzato come mezzo per far calare il prezzo del petrolio, per questo motivo avrebbe colpito principalmente l’Iran (uno degli Stati con maggiori giacimenti di oro nero), l’Italia (il suo principale partner commerciale) e la Cina (il primo importatore al mondo di petrolio).

Un’altra grande pista complottista è stata quella secondo cui il Coronavirus in realtà potrebbe essere una grande macchinazione messa in atto da Bill Gates, padrone dell’OMS in quanto più grande donatore privato, per dominare il mondo. Gates nel 2015 avrebbe pagato un istituto di ricerca britannico per creare il Coronavirus e brevettarne anche il vaccino, con il fine di diffonderlo nel mondo, creare una situazione di panico, e poi dominare la Terra attraverso il vaccino.

Secondo alcuni in realtà questo nuovo virus sarebbe solo una grande menzogna, e a far ammalare le persone e ucciderle, non sarebbe il virus, ma il 5G. La nuova tecnologia, infatti, sarebbe estremamente dannosa per l’organismo, e provocherebbe tutti i sintomi riscontrabili nei malati di Coronavirus.

C’è da dire che la pandemia ha generato molta paura nella popolazione mondiale, ma è emerso anche il “sense of humor” di molti utenti della rete, scatenando l’immaginazione di chi giornalmente crea video, immagini e altri contenuti ironici, per cui talvolta è difficile distinguere le bufale dalle informazioni reali.

Fonti

Sitografia

Bibliografia

  • Baldi B. "Complotti e raggiri. Verità, non verità, verità nascoste" Roma, Viella, 2018.

Errori di comunicazione che hanno fatto la storia

Piccoli equivoci senza importanza

Quante volte ci è capitato di pensare che non fosse solo un caso, quanti rimpianti pensiamo di doverci portare avanti per delle decisioni che abbiamo preso in momenti in cui forse non avremmo dovuto.

Antonio Tabucchi, in uno dei suoi libri, si interroga sulle possibilità che offre la vita, sui bivi, sui percorsi, sulle scelte fatte e sui ruoli intrapresi. 

Lui chiama “piccoli equivoci” gli eventi guidati dal fato o dal caso che determinano la nostra vita. In molti dei suoi racconti Tabucchi propone una riflessione sulle varie visioni della vita: non ce n’è una sola, ma ognuno la vede a modo suo.

«La vita è un appuntamento, so di dire una banalità, Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come, il dove. E allora uno pensa: se avessi detto questo invece di quello, o quello invece di questo, se mi fossi alzato tardi invece che presto, o presto invece che tardi, oggi sarei impercettibilmente differente, e forse tutto il mondo sarebbe impercettibilmente differente […] Un appuntamento e un viaggio, anche questa è una banalità, mi riferisco alla vita, naturalmente, chissà quante volte è stato detto; e poi nel grande viaggio si fanno dei viaggi, sono i nostri piccoli percorsi insignificanti sulla crosta di questo pianeta che a sua volta viaggia, ma verso dove? È tutto un rebus […] E poi, sa com’è la vita, è come una tessitura, tutti i fili si intrecciano, è questo che un giorno vorrei capire, vedere tutto il disegno […] la vita è un ingranaggio, una rotella qua, una pompa là, e poi c’è una cinghia di trasmissione che collega tutto e trasforma l’energia in movimento, proprio come nella vita, un giorno mi piacerebbe capire come funziona la cinghia di trasmissione che lega tutti i pezzi della mia vita, il concetto è lo stesso, bisognerebbe aprire il cofano e stare lì a studiare il motore che ronza, collegare tutto, tutti gli istanti, le persone, le cose»

Antonio Tabucchi, Scrittore e Critico Letterario

Cosa sarebbe successo se

In queste parole, che si trovano nel terzo racconto del libro, si può capire l’interpretazione di Tabucchi riguardo la vita, intesa come un rebus dove tutto è affidato al caso. 

Per lui è centrale il “cosa sarebbe successo se”, così come il fascino attraente delle strade non percorse, del non detto e dell’insopprimibile voglia di riscrivere le nostre vite.

I personaggi di queste storie non prendono scelte, ma sono guidati dagli eventi.

Non si può infrangere il destino perché la storia è già scritta, perché la vita è determinata da quei piccoli equivoci senza importanza, che lavorano nell’ombra mettendo in discussione le nostre certezze, lasciando solo il dubbio.

Come si dice nel primo racconto che dà il nome alla raccolta: «tutto era davvero un piccolo equivoco senza rimedio che la vita si stava portando via, ormai le parti erano assegnate ed era impossibile non recitarle». 

Antonio Tabucchi ci invita a riflettere sull’ironia della vita: non siamo artefici del nostro destino, ci ritroviamo gettati in balia del disordine degli equivoci che per lui sono “senza importanza” proprio perché se qualcosa deve succedere, prima o poi accadrà, indipendentemente da noi e dalle nostre volontà. 

Sono “senza importanza” perché sono eventi così piccoli e irrilevanti rispetto al lungo corso della vita, che comunque è già stato deciso.

Antonio Tabucchi - "Piccoli equivoci senza importanza"

Piccoli equivoci che hanno avuto una grande importanza

Quanti errori invece, se ci pensiamo bene, sono stati fatti ed hanno cambiato per sempre la storia. Tante volte non si è trattato di grandi imprese o lampi di genio, ma proprio di quei “piccoli equivoci” a cui Tabucchi non dava importanza. 

È impossibile pensare di poter avere il controllo su tutto. 
Chissà, magari nemmeno il così tanto discusso destino riesce a stare al passo con le nostre decisioni irrazionali, prese senza pensarci due volte. O anche semplicemente con l’evoluzione che abbiamo fatto e continuiamo a fare nel tempo. Perché non c’è storia senza evoluzione. 

Ci sono tanti esempi di piccoli errori, malintesi ed equivoci, che invece hanno avuto importanza, a differenza di quello che ci vuole far credere il grande Tabucchi. 

Alcuni di questi sono stati fatti casualmente, ma tanti altri vengono pensati nei particolari per essere insediati nella società di oggi, in cui è possibile diffondere qualunque cosa ad una velocità capillare scatenando effetti inimmaginabili.

Le innumerevoli porte chiuse di JK Rowling

Basti pensare a JK Rowling: forse non tutti sanno che la bozza di Harry Potter era stata rifiutata da più di dieci case editrici prima di vedere la luce e diventare una delle saghe più conosciute al mondo. 

Non potremo mai sapere cosa sarebbe successo se la scrittrice avesse fatto colpo alla prima volta o se avesse deciso di demordere dopo così tante delusioni.

Le origini della ricetta di Coca Cola

Dietro alla famosa bibita conosciuta con il nome di Coca Cola c’è un piccolo segreto. 

La Coca-Cola nacque l’8 maggio del 1886 e a crearla fu il farmacista John Stith Pemberton, grazie all’uso di una caldaia. Il suo obiettivo non era quello di creare una bevanda ma uno sciroppo contro il mal di testa, servendosi di estratti vegetali e noci di cola. 

Quando aggiunse della soda al suo sciroppo si rese conto che la Coca-Cola si trasformava in una bibita piacevole e dissetante. Ed è così che nacque la bevanda la cui ricetta rimane segreta ancora oggi, custodita in una cassetta di sicurezza di una banca di Atlanta. 

Se non ci fosse mai stata questa intuizione da parte del farmacista, chissà se avremmo mai assaggiato quella che oggi è una delle bevande più amate.

Sui social gli errori sono sempre un caso?

Il caso Tom Holland

L’attore britannico Tom Holland, tra i protagonisti dei film targati Marvel, è conosciuto per il fatto che più volte, soprattutto sui social, si è lasciato sfuggire delle anticipazioni che non era autorizzato a trapelare.

È tutto un caso o un’autentica strategia studiata a tavolino?
Un motivo c’è se colui che interpreta Spider-man ha acquisito la simpatica nomea di Spoiler-man. Ma pensare che un attore del suo calibro possa permettersi di essere così “distratto” è da escludere dalle possibilità. 

Al giorno d’oggi è chiaro che i social media vengano utilizzati anche a scopo pubblicitario, perché rappresentano il mezzo di diffusione forse più veloce e potente che abbiamo a disposizione.

La viralità dei contenuti sui social media

social network sono utilizzati per lo scambio di notizie e di opinioni su ogni argomento e per molte persone sono diventati la fonte primaria presso cui informarsi.

social media rappresentano un grande strumento di marketing, utile per pubblicizzare le attività, ampliare la rete di contatti ed interagire direttamente con il pubblico.

Tanti contenuti online, su piattaforme come Tik Tok, Facebook e Instagram, vengono architettati appositamente per essere resi virali e fare scalpore. 

Quasi niente è lasciato al caso sui social. Si tratta di un modo di comunicare che non nasce in una notte, ma che è stato studiato ed analizzato.

Sul web si parla di viralità quando un contenuto viene diffuso ad una velocità e in un modo incontrollabile. Personaggi che fino a poco prima erano sconosciuti e sono diventati famosi nel giro di poco tempo ne sono un esempio lampante.

Lo strano caso del cinguettio degli Uffizi

Lo scorso 17 novembre, l’account Twitter ufficiale degli Uffizi ha diffuso in rete un post enigmatico, che non aveva niente a che vedere con il tono e i contenuti a cui è abituata la community social del museo fiorentino.

Il tweet con la strana scritta “Plllpppplllllpplpha generato in qualche ora centinaia di condivisioni e commenti: gatti che camminano sulla tastiera, gif e meme.

Successivamente gli Uffizi hanno pubblicato una risposta che ha divertito i molti seguaci: “Grazie per aver partecipato al primo contest dadaista. La #Plllpppplllllpplp Community è ufficialmente nata. Alla prossima!!! Rgrrfyyytffdsghh”.

Il post è stato un genuino “errore” compiuto da colui che è stato definito il social media manager più giovane di sempre: pare che durante l’iniziativa Uffizi Kids, un bambino abbia preso il cellulare di un’operatrice.

Tweet Gallerie Uffizi - #Plllpppplllllpplp Community

Conclusioni

Certo, gli errori sono comprensibili anche nel web, anzi soprattutto in esso, perché talvolta la fretta di condividere e di far sapere al mondo sembra più importante della veridicità dei fatti, per cui si tende a preferire la fugacità ad una maggiore cura ed attenzione.

In molti casi, come abbiamo visto, si tratta di una geniale e camuffata strategia.
Tante altre volte, invece, è necessario riconoscere che errare è umano. Anche in un mondo in cui le macchine, i computer e le tecnologie stanno iniziando ad assumere sempre più potere a discapito dell’uomo. 

Fonti

Sitografia