fbpx

Midable nasce dall’amore per il Digital Marketing e le sue infinite opportunità. Volevamo il nostro spazio di crescita in questo mondo digitale: siamo qui per condividerlo insieme a te.

adunanza@midable.it

Categoria: Digitalizzazione

La digitalizzazione nel settore medico-sanitario. Intervista al Professor Antonio Vittorino Gaddi

Quali sfide attendono il settore medico sanitario per una buona digitalizzazione? Qual è il futuro della telemedicina? Quali sono gli strumenti che il digitale può offrire per il miglioramento del rapporto medico-paziente?

In questa intervista al Professor Antonio Vittorino Gaddi, Presidente della Società Italiana Telemedicina, scopriamo a cosa serve la telemedicina e quali sono le opportunità di questa tipologia di prestazione medico sanitaria.

Antonio Vittorino Gaddi - Presidente Società Italiana Telemedicina

Quando e come è nata la Società Italiana Telemedicina (SIT)?

Prof. Gaddi:
La SIT nasce dalla volontà ferrea e dall’intuito di un collega che non è più con noi,
Giancarmine Russo, medico di medicina generale a Latina. Aveva capito l’importanza della telemedicina per la gente, per il paziente, per l’anziano, per il bambino, per la medicina generale. 

Parliamo del 1978-1979, epoca nella quale non esistevano ancora i personal computer. Quando arrivarono i primi computer li connettevamo tra loro per cercare di scambiare dati sui pazienti. 

Per cui avevamo un’intensa attività di studio e di ricerca su queste nuove tecnologie. Tuttavia, non avevamo pensato all’importanza di portare questo tipo di tecnologia nella vita di tutti i giorni del paziente e del medico. 

È stata l’intuizione di Giancarmine che ha creato la società. Poi la società, come tutte le società scientifiche che in Italia non sempre hanno un cammino agevole, ha avuto alterne vicende: ha proposto dei congressi, poi si è fermata, ha avuto molte adesioni e molte resistenze. 

È giusto che i giovani sappiano che da oggi in poi si parlerà di telemedicina. In passato veniva considerata una cosa dal carattere amministrativo che semmai doveva avere la finalità di far risparmiare qualche soldo a qualche pubblica istituzione. Pertanto, per vent’anni è stata utilizzata molto poco

Un po’ per la pandemia [da Covid19, n.d.r.], un po’ grazie alla volontà di alcuni soci, che nel 2020 abbiamo deciso di far ripartire con grande forza la SIT. Dai 50-60 soci dell’epoca adesso ne ha 600.

È articolata in sezioni regionali. Oggigiorno, grazie all’apporto di giovani e meno giovani, sta andando davvero bene, sia attraverso focus group disciplinari, sia attraverso una distribuzione sul territorio nazionale.

Quali sono le principali attività svolte dalla SIT e quali sono i vostri obiettivi?

Prof. Gaddi:
Il nostro obiettivo principale resta quello di studiare da un lato e applicare dall’altro tutto ciò che le
Information and Communication Technologies (ICTs) possono dare all’ambito medico, però seguendo la definizione di e-Health data dai ministri dell’Unione Europea nel lontano maggio del 2003: è una buona e-Health qualunque applicazione delle Information and Communication Technologies che, a prescindere dal tipo di tecnologia, sia in grado di incontrare e soddisfare i bisogni del malato e del personale sanitario, ma anche dei cittadini e dei governi. 

Ci sono poi altre definizioni più complesse. Per raggiungere questa finalità bisogna articolarsi in varie tipologie di attività specifiche, alcune sono disciplinari (cioè correlate a specifici campi di applicazione).

Tenete conto che sono molto presenti tutte le discipline mediche,  come ad esempio la telecardiologia, la telegeriatria, l’assistenza al home-care, l’assistenza territoriale con/senza le farmacie, gli infermieri di comunità, tutte le nuove figure che si affacciano alla scena sanitaria, e tante altre.

Qual è la percezione che le persone hanno sulla SIT e sulla Telemedicina? Avete fatto degli studi o dei sondaggi?

Prof. Gaddi:
Per quanto riguarda la percezione verso la SIT possiamo dire che questa è cresciuta moltissimo.

 Al suo interno ci sono esperti di mass media e anche giornalisti. Quindi grazie alle persone che ci sono e a quelle che verranno, la SIT si farà conoscere sempre di più, sia come società sia come gruppi funzionali nelle singole regioni.

Inoltre, ultimamente abbiamo deciso di includere come soci non solo i medici, che sono l’ossatura portante, ma anche gli ingegneri, gli informatici, i matematici, i giuristi, gli esperti di discipline umanistiche, rappresentanti dei cittadini e del volontariato. Stiamo crescendo, sempre più gente ci conosce.

Abbiamo delle ricadute importanti sui social, ma restiamo comunque una società scientifica che parla principalmente ai professionisti il cui scopo è fare promozione della formazione della ricerca, e non tanto disseminazione periferica alla gente.

Invece, per quanto riguarda la percezione che hanno le persone della telemedicina, io direi che è molto confusa in questo momento. Tutti ne hanno sentito parlare, in epoca di Covid ancora di più. Dico confusa perché la nostra popolazione, come anche in altre parti d’Europa, si nutre di quello che viene detto dai giornali.

Gli articoli sulla telemedicina sono stati relativamente pochi e non sempre illuminanti. Ad esempio, in Italia nessuno conosce la definizione di e-Health. I giornali non hanno portato un contributo informativo e Internet fornisce informazioni parcellizzate, diverse l’una dall’altra, poco coerenti, se non addirittura vere fake news.

Probabilmente se interroghiamo venti persone diverse per età, cultura e nazione ci danno venti definizioni di cosa può essere la telemedicina. 

Però se questo fenomeno mi scoraggia dal punto di vista culturale, da un punto di vista operativo io ritengo che non sia un grande problema. Se saremo bravi porteremo la telemedicina a regime, come strumento usuale e abituale degli atti sanitari senza colpo ferire e senza neanche nominarla. Certo è che adesso abbiamo bisogno di dare dei nomenclatori.

Se guardate, infatti, la conferenza stato-regioni e l’Istituto Superiore di Sanità hanno dato una definizione di tutto. Tuttavia queste cose non servono perché il vero processo fisiologico è fare in modo che i medici e il personale sanitario usino queste tecnologie e le applichino alla salute. Il cittadino non deve neanche accorgersi che sono state applicate.

Quando i cardiologi hanno inventato il fonendoscopio, noi non abbiamo spiegato a tutta la gente che cosa era la fonendoscopiologia, l’abbiamo usato e basta, poi le persone si sono abituate a vedere il medico con il fonendoscopio in mano. Questo aspetto è lo stesso che va attuato in tutto ciò che riguarda la salute umana.

La salute del paziente al centro di tutto

Quando si tocca la saluta umana il centro deve essere il paziente, la sua salute e il suo benessere. Se mettiamo l’attenzione sullo strumento tecnologico stiamo facendo un errore, perché stiamo spostando l’attenzione sull’oggetto e non su quello che deve essere il risultato.

Quindi se saremo bravi, utilizzeremo le tecnologie, l’informazione e la comunicazione per potenziare la medicina senza bisogno di dover creare un’ulteriore disciplina.

La telemedicina non è una disciplina in più, è medicina fatta bene con strumenti tecnologici che sempre più dovranno essere usati da tutti. Bisogna andare più nella direzione della visione della percezione della persona del suo benessere, del suo stato di salute e di quello di chi gli è vicino.

È chiaro che se io fossi il titolare di un’impresa che vende un saturimetro di un certo tipo avrei obbligatoriamente bisogno di puntare l’attenzione anche sull’oggetto e quindi di spostare tutto il concetto di malattia polmonare sull’idea che tu devi mettere questa cosa sul dito, guardare lo schermo, guardare i numeri, riferirli ad un medico, eccetera.

Gli anziani vengono molto facilmente disorientati da queste cose, direi depistati. L’anziano non deve essere teso a mettere il saturimetro e a leggere il numerino, deve essere soddisfatto perché in quel momento magari ha un bel libro ed è seduto sulla sua poltrona davanti al caminetto. Non so se mi sono spiegato chiaramente.

Previsioni per il futuro circa gli scopi da raggiungere e le tempistiche?

Prof. Gaddi:
Il primo
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentato un anno fa, era assolutamente inefficiente e non avrebbe potuto far nulla di buono. Con il cambiamento dei governi e gli eventi politici degli ultimi mesi ci sono state molte modifiche migliorative.

Quello che di buono verrà fatto con i fondi della parte di digitalizzazione del PNRR, che riguarda molti settori, verrà messo a sistema nel Sistema Sanitario Nazionale nel 2025. Se in questi due anni di applicazione di cose buone che già abbiamo, e non tanto di ricerca di cose nuove, funzioneranno a dovere, io penso che fra tre anni ci possa essere un salto in avanti in alcuni settori della salute. Ma non in tutti.

La gestione della salute individuale è collettiva, e tutte e due sono compiti dello Stato. Se questa visione della salute dovesse essere migliorata per tutte le fasce di età e per tutte le malattie ci troveremo di fronte a un problema di vera e propria complessità, difficilmente risolvibile a prescindere dal fatto di avere 17 miliardi di euro.

Non è più una questione di cifra o di fondi, e forse neanche di buona volontà, è una questione di cambiamento complesso di un’intera organizzazione sanitaria che cambia in uno stato, e mentre cambia in quello stato deve anche cambiare negli altri stati vicini. Deve peraltro essere attuata rispettando tutti i sacri principi di equità della distribuzione delle risorse, di accesso alle cure, eccetera.

Diventa quindi un’operazione epocale. Qui si crea un piccolo problema: le tecnologie si evolvono con una velocità altissima, alcune addirittura evolvono e muoiono, venendo soppiantate da altre. Questi cambiamenti di carattere strategico-organizzativo, tuttavia, richiedono che la gente e le organizzazioni si adeguino, che cambi la nostra mentalità.

Sono processi lenti, lungo i quali spesso si contano i morti degli insuccessi, perché in tutti i progressi della medicina c’è sempre stato quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato. Peraltro, se noi oggi sapessimo curare tutti nel modo più perfetto del mondo forse allora non servirebbero nemmeno più gli ospedali. Saremmo arrivati vicini al buon Dio nel gestire il destino degli uomini. Non è così, è un percorso lento.

Quindi sono molto ottimista dei risultati misurabili in brevi termini. Ma sono anche realista sul fatto che per mettere a sistema e applicare veramente bene tutte le tecnologie e tutte le nuove potenzialità all’intera popolazione per tutte le malattie ci vuole un processo necessariamente lento, di cambiamento, che avverrà nei decenni.

Il gap 90/10 della salute

Io auspico che questo avvenga in modo parallelo in tutti i paesi del mondo perché altrimenti il gap 90/10 di cui ci parla il Global Forum della Health Research dell’Organizzazione Mondiale di Sanità aumenterà ancora di più e ci saranno ancora più disparità.

Il gap si chiama 90/10 perché si basa sul principio che il 90% delle risorse nel campo della salute viene impiegato per quel 10% della popolazione mondiale e, viceversa, il 10% rimanente viene utilizzato per curare il restante 90% della popolazione mondiale.

Credo che la tecnologia ha in sé il potenziale per aiutare tutti di più, ma ha in sé anche il rischio di aumentare i divari. Allora in questo processo, quello lungo, non quello del PNRR, bisognerà stare veramente attenti. Mi riferisco alle future generazioni per cercare di portare avanti in armonia e equilibrio questo sviluppo.

Conclusioni

Christian Pergola:
Al termine dell’intervista è doveroso sottolineare l’importanza del Digital e della digitalizzazione in quanto mezzi, ovvero strumenti che devono servire a semplificare la vita. Devono essere dei substrati praticamente trasparenti, come se fossero delle «protesi del corpo umano», per citare Marshall McLuhan. 

Non deve esserci una soluzione di continuità tra strumento e soluzione, ma lo strumento deve essere praticamente “invisibile” per le persone e agevolare la loro vita in risposta ai problemi da risolvere. 

Questa cosa è molto importante, perché spesso c’è una sorta di feticismo nei confronti degli strumenti che ci fa deviare da quello che poi è l’obiettivo effettivo, quindi risolvere un problema.

In conclusione, un ringraziamento al professore. È stata un’intervista davvero interessante.

Crediti

Anna Vrtev ha intervistato per Midable Magazine il professor Antonio Vittorino Gaddi, Presidente della SIT (Società Italiana Telemedicina).

Introduzione di Silvia Infriccioli (SIT). Interventi di Christian Pergola (Midable).

L’intervista è stata registrata in data 8 novembre 2021.

Intervista completa in formato video

Comunicare il patrimonio culturale: l’arte e l’archeologia alla prova della digitalizzazione

Quando senti la parola “archeologia” le prime cose che ti vengono in mente sono Indiana Jones e forzieri nascosti? Sappi che stai sbagliando strada, ma probabilmente non è colpa tua.

Il mondo dei patrimoni culturali, e soprattutto il mondo dell’archeologia, non vanno esattamente di pari passo con le ultime frontiere della comunicazione digitale, dello storytelling e della digitalizzazione.

Ed è solo ultimamente (possiamo dire “grazie” alla pandemia?) che le cose sono cominciate a cambiare. Vediamo in che modo si è iniziato a comunicare il patrimonio culturale.

Il Digital per valorizzare le arti e l'archeologia

In realtà è dal 2014-15 che sul web hanno iniziato a comparire molti blog e account social legati a gruppi di ricerca, siti e musei di ogni tipo. 

Questo evento può essere letto come la risposta al spesso lamentato “gap” tra ricerca accademica, tutela e fruizione da parte del pubblico. 

Ma cosa manca, e in cosa può aiutare il web nella valorizzazione e comunicazione del patrimonio culturale e archeologico

Innanzitutto, potrebbe abbattere tutti quei luoghi comuni che ruotano intorno alla disciplina: avventurieri, cercatori di tesori nascosti e protetti da chissà quali trappole, maneggiatori di sciabole).

Inoltre, potrebbe far riconoscere al pubblico l’importanza della materia, per la quale le competenze sono molteplici. 

Infine, potrebbe essere un generoso aiuto per la promozione e la valorizzazione del nostro territorio.

Tuttavia, fino al giorno d’oggi, l’errore più comunemente commesso è stato quello di spettacolarizzare il lavoro finito, cioè il reperto o il sito archeologico stesso, senza mostrare né processi e metodi di ricerca, né ricostruzioni e interpretazioni. 

In poche parole, il pubblico rimane all’oscuro di un avvincente backstage.

Qual è il giusto marketing per il patrimonio culturale?

Cosa serve, dunque per comunicare il patrimonio culturale?

Sicuramente un approccio mediato tra tecnologie, linguaggi e creatività sarebbe un beneficio. In questo modo si farebbe avvicinare la conoscenza agli attuali mezzi di comunicazione, evitando una decontestualizzazione e una favolizzazione del patrimonio culturale. 

Il tutto dev’essere corretto, ma allo stesso tempo accattivante, così da attrarre e incuriosire il visitatore sia online che sul luogo.

La promozione dev’essere dal basso, vicina al pubblico, e tramite i blog e i social si ha l’occasione di raggiungere velocemente un enorme numero di persone. Il linguaggio e le strategie da adottare sono da adeguare al target di pubblico prescelto.

La spinta della pandemia

Ebbene sì, tutta la situazione dovuta al Covid-19 è stato un enorme incentivo per muovere passi in questa direzione; ha spinto musei di ogni tipo a considerare effettivamente il loro ruolo nella società, la loro poca presenza digitale e la loro comunicazione spesso inefficiente. 

L’importanza di comunicare il patrimonio culturale è stata ribadita anche dallo stesso Ministro della Cultura Dario Franceschini in un’intervista per la rivista Finestre sull’Arte nel 2020:

«Si sta andando verso una rapida evoluzione della comunicazione delle istituzioni culturali, si sta entrando nella maturità dei musei 4.0 nella quale il digitale avrà sempre di più un ruolo preponderante. Che non andrà a sostituire la frequentazione dei musei, ma la renderà più piacevole, istruttiva ed agevole».

Dario Franceschini

 

Era dagli anni della Seconda Guerra Mondiale che i musei non chiudevano al pubblico. 

Il 13 marzo 2020 il ministero dei beni culturali ha esortato ufficialmente tutti gli enti del patrimonio culturale a eseguire una digitalizzazione dei loro contenuti, consentendo l’afflusso di un pubblico più numeroso, assente a causa delle restrizioni sanitarie. 

Una volta dettate le linee guida generali, molti musei hanno iniziato a mettere a disposizione un catalogo digitale dei contenuti, consultabile direttamente online.

Negli ultimi anni sono poi proliferate altre e varie iniziative digitali, un cambiamento obbligatorio che ha permesso al settore di abbandonare la propria autorevolezza e lanciarsi nel mondo dei social. 

I nuovi ambienti digitali richiedono un linguaggio giovane e accattivante, che certo non esclude la presenza di progettualità e professionisti per poter comunicare il patrimonio culturale in maniera efficace.

Il mercato dei tour virtuali

In un mondo ora più che mai digitalizzato, le istituzioni museali e i siti archeologici hanno dovuto escogitare – e sono tutt’ora in fase di scoperta – metodi per rendere i loro contenuti fruibili dal pubblico online. 

Sicuramente i più gettonati sono i tour virtuali, che rendono più immersiva e attiva la visita, pur non sostituendo l’esperienza fisica.  

Museo dell’Ara Pacis, Roma

Un esempio è la visita online del monumento dell’Ara Pacis, a Roma.

Il visitatore digitale può muoversi all’interno dell’Ara semplicemente usando il mouse, ottenendo approfondimenti su di essa e sulle sue raffigurazioni cliccando su specifici punti dati dal sito.

Museo dell’Ara Pacis di Roma
Museo dell’Ara Pacis di Roma

Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA)

In questo caso la fruizione del servizio è gratuita, ma altri musei, come il Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA), offrono invece tour virtuali in cambio di una donazione pecuniaria.

Tutte queste iniziative hanno contribuito alla creazione di un vero e proprio mercato virtuale di tour guidati, sia dai siti stessi che con la partecipazione di guide certificate che interagiscono e spiegano al visitatore a casa direttamente dal luogo della vista. 

E non finisce qui.

Queste novità finalmente introdotte nel mondo dei musei e dell’archeologia hanno fatto sì che queste non fossero più realtà passive, chiuse e dalle nozioni altisonanti. Hanno permesso di sviluppare una relazione molti a molti: specialisti e studiosi che aprono le loro competenze alla totalità e al linguaggio del pubblico. 

Nel campo dell’archeologia, invece, sono nati molteplici blog e visite virtuali mirati a raccontare le giornate di scavo, coinvolgendo finalmente un pubblico ignaro di cosa si celasse dietro al reperto esposto nella teca di un museo.

Questo aspetto di coinvolgimento del pubblico al lavoro archeologico non è una novità. Già l’archeologo Mortimer Wheeler (1890-1976) realizzava dei veri e propri “open day” sul luogo dello scavo, permettendo a tutti di partecipare osservando il lavoro. 

Il maggiore coinvolgimento del pubblico porta beneficio anche ai musei stessi, principalmente per due motivi:

  1. permette di attrarre più visitatori e ad aumentare il loro interesse;
  2. consente la raccolta dei loro feedback, che siano diretti o tramite commenti sui social, permettendo così ai curatori di individuare punti deboli su cui effettuare migliorie. 

Galleria degli Uffizi, Firenze

La Galleria degli Uffizi di Firenze è uno dei musei più famosi al mondo, con una pagina Instagram che conta 665k follower.

Nonostante un’ottima presenza digitale – su Instagram è tra i musei più seguiti al mondo, contando oggi ben 678mila follower -, durante il 2020 il museo si è lanciato nella creazione di un profilo su TikTok, la piattaforma più in voga tra i giovanissimi.

Una bella ambizione: il linguaggio e il target di questa piattaforma non sono tra i più facili da progettare e da coinvolgere, ma in fondo è proprio questa la sfida di ogni piattaforma social. 

Inoltre, la visita del museo da parte di Chiara Ferragni è stata il fattore scatenante di un successivo boom di visite, grazie ovviamente alla fortissima presenza social della influencer.

Chiara Ferragni agli Uffizi davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli
Chiara Ferragni agli Uffizi davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli https://www.instagram.com/p/CCu_l3JIvFn

Per molti questa situazione ha rappresentato un elemento negativo, in quanto le persone sono state spinte alla visita degli Uffizi solamente dalla presenza di Chiara, ma questo aspetto è solo la facciata.

Attraverso un solo post, poi rilanciato dall’account Instagram della Galleria degli Uffizi, Chiara Ferragni ha comunque messo in circolazione un’idea che si è diffusa tra i suoi milioni di follower giovani e adulti, italiani o stranieri.

Che la visita sia spontanea o che sia “spinta” dai social porta comunque a quella condivisione digitale che oggi rappresenta il fattore cardine per le entità museali.

E poi chissà, magari anche quella persona che all’inizio non pensava minimamente di visitare un museo, potrebbe ritrovarsi invece in mondo appassionante, in un’esperienza da voler replicare.

Villa romana di Oplontis, Torre Annunziata

Un case study interessante per la virtualizzazione ben riuscita di un sito archeologico è sicuramente il DAPO Project, eseguito dagli studenti dei Politecnici di Milano e Torino.

Il sito in questione è la villa romana di Oplontis, a Torre Annunziata, parte del famosissimo sito archeologico di Pompei. Questo progetto fa capire come l’entrata in gioco di tecnologia e design siano un beneficio per rispondere alle esigenze del visitatore moderno. 

Il progetto prevede delle esperienze interattive, sia online che in situ, grazie anche a un’app integrata con contenuti audio per guidare il visitatore all’interno del sito. 

Non solo, alcuni reperti sono stati dotati di sensori che, attivandosi con l’avvicinamento dell’individuo, producono interazioni sonore e visive. Il progetto è addirittura stato affiancato da Google Arts & Culture.

Ma in che modo una passeggiata tra le rovine di una villa è stata resa interattiva?

Tramite l’app è possibile scegliere tra quattro figure diverse, le quali avevano convissuto nella villa fino all’eruzione del Vesuvio, provenienti da diverse categorie sociali (il padrone, l’ospite, lo schiavo e l’artista).

Ognuno di questi personaggi guida il visitatore negli ambienti della villa dove verosimilmente si muoveva, raccontando in prima persona la propria esperienza. Questo metodo di “connessione” attiva tra visitatore e luogo visitato è una novità che dovrebbe essere applicata universalmente. 

La maggiore chiarezza dei contenuti permette ai professionisti del settore di rendere disponibili le loro conoscenze agli individui inesperti in materia. La scelta (anche multipla) dei quattro personaggi permette una libertà assoluta di movimento all’interno del sito, senza percorsi obbligati o audioguide numerate. 

Questa fruizione attiva e “fuori dagli schemi”, stile walkthrough, ha avuto infatti come risultato un maggiore successo e interesse da parte del pubblico.

Gli obiettivi del DAPO Project per comunicare il patrimonio culturale

Sono questi gli obiettivi del DAPO Project: rendere il patrimonio più “smart”, portare l’esperienza di visita dal lineare e passiva a circolare e attiva, trasformare il visitatore da spettatore a protagonista. 

Ma nel sito di Oplontis la tecnologia non si è fermata qui. In collaborazione con la University of Texas at Austin è stato possibile effettuare un recupero digitale di opere andate perdute e addirittura una ricostruzione 3D degli ambienti del sito, all’interno dei quali è possibile spostarsi semplicemente usando il mouse.

Conclusioni

In questo articolo abbiamo parlato di virtualizzazione delle visite museali, coinvolgimento degli influencer nel marketing museale, interattività delle esperienze e modelli 3D dei siti archeologici.

Tutti questi elementi per comunicare il patrimonio culturale, se applicati almeno in parte in ogni ente museale o sito archeologico, aiuterebbero gli stessi a raggiungere l’obiettivo principale per cui sono nati: essere vissuti.  

Fonti consultate

  • A. D’Eredità, A. Falcone, D. Pate, P. Romi (2016), Strategie di divulgazione dell’archeologia online: metodologie, strumenti e obiettivi. Dalla redazione del piano editoriale alla misurazione dei risultati, in  «Archeologia e Calcolatori»,
    n.27, 2016, 331-352
  • Francesca Pontani (2020), Archeologia e Comunicazione Digitale, in ArcheoTime (canale YouTube), registrazione del seminario tenuto il 27 febbraio 2021 presso la Sala Sant'Angelo del Museo delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano (VT), https://www.youtube.com/watch?v=ARVcdpyTMXU
  • John R. Clarke, Enrico Ferraris, Massimo Osanna, Team DAPO modera Gian Luca Grigatti (2021), Archeologia digitale per la valorizzazione del patrimonio culturale, in Politecnico di Torino (Canale YouTube), 15 novembre 2020, https://www.youtube.com/watch?v=YKbDLq_WvFE
  • Sito ufficiale di Pompei con pagina dedicata alla Villa di Oplontis, http://pompeiisites.org/oplontis/

Telemedicina, e-Health e ICTs. Un futuro sempre più digitalizzato in ambito medico-sanitario

Avete mai sentito parlare di Telemedicina, e-Health, ICTs? Sono probabilmente termini ancora poco noti tra le persone. Eppure, potrebbero essere la chiave giusta per una svolta davvero importante in ambito medico-sanitario, e non solo.

In questo articolo andremo ad approfondire tali concetti. Vediamo quindi insieme cosa significano, quali sono i loro obiettivi, le loro potenzialità e come posso essere strumento di innovazione socio-sanitaria.

Cos’è la Telemedicina?

Secondo quanto riportato dal sito del Ministero della Salute, per Telemedicina si intende

 

«una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località»

 

La Telemedicina, in quanto tale, permette quindi di raggiungere un nuovo consolidamento del rapporto tra medico e paziente, e tra i diversi professionisti sanitari. 

Non deve quindi essere intesa come una modalità sostitutiva della medicina tradizionale, ma come un strumento aggiuntivo che, anzi, rafforza quanto già presente sul territorio.

Come può esserci utile la Telemedicina?

Tra i maggiori benefici che possiamo trarre della Telemedicina troviamo:

  1. Equità di accesso all’assistenza sanitaria
    Questo rappresenta un punto importante se pensiamo a tutte quelle zone con scarsi collegamenti (isole, zone di montagna, aree rurali).
  2. Migliore qualità dell’assistenza garantendo la continuità delle cure
    Il paziente ha la possibilità di essere assistito a casa propria, senza che il medico sia presente di persona. A questo proposito possiamo parlare di Telemonitoraggio, soluzione pratica soprattutto per malati cronici. Questo porta inoltre ad alleggerire il carico degli ospedali e di tutte le strutture sanitarie presenti sul territorio.
  3. Migliore efficacia, efficienza, appropriatezza
    Maggiore comunicazione tra i diversi attori con conseguente riduzione delle ospedalizzazioni, riduzione dei tempi di attesa, ottimizzazione dell’uso delle risorse disponibili.
  4. Contenimento della spesa sanitaria e contributo all’economia
    I nuovi modelli organizzativi basati sulla Telemedicina implicano una gestione razionale dei processi sociosanitari con un conseguente impatto sul contenimento della spesa sanitaria, riducendo il costo sociale delle patologie.

Come si articola la Telemedicina?

La Telemedicina si articola principalmente su tre fronti: telemedicina specialistica, telesalute e teleassistenza. Vediamoli nel dettaglio.

GRAFTavola disegno 1logo
Grafico classificazione

Telemedicina Specialistica

La Telemedicina Specialistica comprende i servizi che avvengono in una disciplina medica specifica. Si struttura a sua volta in sottocategorie e può avvenire tra medico e paziente, oppure tra medici specialisti. Consiste nell’erogare prestazioni mediche in ambito specialistico in via telematica.

Per fare un esempio, una visita dermatologica effettuata da remoto rientra in questa categoria: paziente e medico, o medici specialisti tra loro, interagiscono a distanza. È possibile scambiarsi documenti, informazioni, e dati relativi al servizio erogato.

Telesalute

La Telesalute è un’altra macroarea. È una modalità alternativa a quelle tradizionali con la quale il medico (solitamente di medicina generale) gestisce un paziente.

Anche questa avviene a distanza, garantendo al paziente una maggiore autonomia e alle strutture sanitarie un’organizzazione più semplificata. Si serve di nuove tecnologie e strumenti per monitorare, interpretare, diagnosticare, e curare.

Come già accennato, il Telemonitoraggio in questo senso si dimostra fondamentale. I pazienti che maggiormente beneficiano della telesalute sono i malati cronici e gli anziani.

Teleassistenza

Infine, la Teleassistenza. Questa entra a far parte dell’ambito socio-assistenziale, piuttosto che sanitario (come la telesalute). L’obiettivo in questo ambito è quello di fornire assistenza domiciliare alle persone fragili, gli anziani, i disabili. Essi infatti necessitano non solo di cure mediche, ma di una vera e propria presa in carico della persona a 360°.

Tutto questo grazie a strumenti e tecnologie sempre più personalizzate che permettono la giusta continuità assistenziale.

Per fare un esempio, una persona con ridotta mobilità che ha bisogno di essere assistita a casa, potrà in questo modo rivolgersi ad un operatore sanitario in caso di necessità 24 ore su 24.

La persona viene dotata di un dispositivo telefonico dotato di un piccolo radiocomando da tenere con sé per eventuali emergenze.

Il significato di e-Health e ICTs

Due concetti chiave che affiancano quello della telemedicina sono “e-Health” e “ICTs”.

  1. Il termine e-Health si riferisce all’interazione di un individuo (consumatore, paziente, o operatore sanitario) con le tecnologie digitali di informazione e comunicazione (ICTs), quali internet e dispositivi mobili. 
  2. Il termine ICTs sta infatti per “Information and Communication technologies”. Si riferisce a tutto l’insieme delle tecnologie che hanno la funzione di elaborare e comunicare l’informazione tramite i mezzi digitali, il computer e le tecnologie informatiche correlate (hardware e software ), accessori e servizi per lo scambio delle informazioni.
GRAFTavola disegno 1 copialogo
Grafico delle ICTs

Cosa si intende con il termine e-Health

La parola “e-Health” si compone di “Health” che dall’inglese si traduce “salute”, e la “e” che può assumere vari significati.

Da una parte può voler rimandare al concetto di “elettronico”, dall’altra parte invece si potrebbe associare tale lettera a parole che caratterizzano meglio il concetto di e-Health come efficienza, empowerment, etica, equità, educazione e evidence-base.

In generale, possiamo affermare che il termine comprende una vasta gamma di significati e servizi che spaziano dalla medicina e dall’assistenza fino all’information technology. e-Health è da considerarsi come un grande ombrello sotto il quale troviamo vari componenti.

I cosiddetti servizi "elettronici"

Un ruolo chiave, ad esempio, è rappresentato dalla cartella clinica elettronica e dal fascicolo sanitario elettronico. Questi sistemi permettono la raccolta di dati sulla storia clinica dei pazienti, sui loro esami e sulle terapie in corso.

È possibile così archiviare elettronicamente molte informazioni per aiutare il medico a prendere le migliori decisioni per la cura, e il paziente ad avere diretto accesso alle sue stesse informazioni. Un vantaggio che ne consegue è l’eliminazione della documentazione cartacea, insieme a molti altri.

L'interoperabilità tra sistemi

Un altro componente è l’interoperabilità tra sistemi, ovvero l’identificazione di standard nella raccolta dei dati. Ciò renderebbe possibile, per esempio, accedere ai dati di un paziente ricoverato in un ospedale e proveniente da una differente area geografica nella quale è in uso un diverso sistema di cartella clinica elettronica. 

Allo stesso modo consentirebbe agli ospedali stranieri di consultare la storia clinica di un cittadino italiano quando egli si trova all’estero per viaggio o per lavoro.

La prescrizione elettronica

Infine, e-Health comprende la prescrizione elettronica: le ricette passano dal formato cartaceo a quello elettronico. Questa “dematerializzazione” consente molteplici impieghi della ricetta stessa, come il monitoraggio delle cure.

Medico che scrive al computer

I vantaggi dell'e-Health

I vantaggi che porta l’ e-Health sono molteplici. Tra i più importanti ci sono:

  1. Supporto alla gestione di patologie croniche
  2. Maggiore efficienza e qualità delle cure (maggiore accuratezza delle diagnosi, maggiore precisione delle procedure mediche, ecc.)
  3. Riduzione del costo economico delle cure

Tutti questi strumenti lavorano in sincronia per portare all’obiettivo più alto del cosiddetto “Patient’s Empowerment”.

Quest’ultima nozione, a sua volta, rimanda a una ridefinizione dei rapporti paziente-professionista sanitario: tradotto dall’inglese significa letteralmente “potenziamento del paziente”. 

Consiste nel fornire al paziente più strumenti possibili affinché esso possa prendere decisioni più consapevoli circa il suo benessere. Il paziente partecipa più attivamente alle proprie cure, informato ed educato dai medici. E, paradossalmente, la distanza tra la persona e il medico diminuisce.

Si ha così una maggiore educazione sanitaria e una riduzione delle diseguaglianze culturali e sociali.

Le conseguenze del Covid-19 sulla Telemedicina

La pandemia, aimè, merita una menzione a parte. L’emergenza sanitaria è stata l’occasione per sperimentare soluzioni che hanno consentito di contenere il contagio, ridurre le ospedalizzazioni e gestire i pazienti sul territorio. 

Data la mancanza di un trattamento medico efficace per contrastare il virus, le misure sanitarie per contenere il contagio si sono focalizzate principalmente sul distanziamento sociale, sull’uso della mascherina e sull’obbligo di effettuare un periodo di quarantena da parte delle persone infette.

Mascherina e computer

Le misure di prevenzione

In ambito ospedaliero e ambulatoriale le misure di prevenzione sono state ancora più pesanti: l’accesso alle strutture ospedaliere per le visite mediche, per i trattamenti e per accertamenti non urgenti, è stato interrotto. 

Si sono create così lunghe liste di attesa e ritardi potenzialmente pericolosi. Di fatto, è stato necessario escogitare nuovi modi di interazione tra il medico e il malato.

A questo proposito, i sistemi di telemedicina hanno aperto nuove strade nella gestione sanitaria dei pazienti durante situazioni di emergenza, come proprio quella da Covid-19. Nei tempi del Covid-19, la telemedicina ha rappresentato una delle soluzioni più efficaci per la gestione, consentendo di ridurre appunto l’accesso alle strutture ospedaliere e concorrendo quindi al contenimento della diffusione del contagio.

Con la pandemia e i problemi di comunicazione e interazione legati ad essa, la ricerca si è spinta molto verso l’utilizzo di nuove strategie per poter comunque mantenere l’attenzione su tutti i pazienti. Gli ospedali hanno di fatto dirottato l’attenzione verso i nuovi malati (persone che hanno contratto il virus in forma grave).

La realtà virtuale in ambito medico

La realtà virtuale, in questo caso la creazione di spazi virtuali che riproducono fedelmente un contesto reale di tipo ospedaliero-ambulatoriale, può far sì che tutti i pazienti vengano “considerati”.

Per fare alcuni esempi, ci sono molte aree mediche che hanno necessitato una continuità medico-sanitaria.

Negli ultimi anni l’uso della realtà virtuale è stato infatti proposto come nuova soluzione tecnologica in diverse specialità mediche tra cui la neuroriabilitazione, la salute mentale, il dolore cronico, o i disturbi alimentari.

La realtà virtuale è una tecnologia interattiva che offre la possibilità di creare ambienti virtuali con caratteristiche specifiche disegnate su indicazione dei clinici o dei ricercatori a seconda degli obiettivi terapeutici.

Conclusioni

Riusciamo a questo punto a capire l’importanza di questi tre concetti al giorno d’oggi e nel futuro più prossimo. Sono le prossime frontiere in ambito socio-sanitario. Quelle che ci permetteranno una sempre più efficiente ed efficace gestione dei pazienti e organizzazione sanitaria.

La coniugazione della medicina e della tecnologia, affiancata dal progredire delle nozioni scientifiche, porterà molteplici vantaggi per tutti. 

Cure sempre più individuali e personalizzate sulla base delle esigenze dei singoli individui. Maggiore efficienza delle strutture sanitarie si accompagnerà a una maggiore efficacia della gestione dei pazienti.

Inoltre, non meno importante, i caregiver potranno inserirsi con più facilità nella gestione assistenziale e sanitaria dei propri cari. 

Si viene a creare così un triangolo di figure in maggiore sincronizzazione tra loro: paziente, medico, caregiver. È come una formula magica per migliorare il funzionamento di un sistema già presente sul territorio.

Medico con lo smartphone

La telemedicina come strumento di inclusione sociale e culturale

Alcuni potrebbero pensare alla telemedicina come a un aumento delle distanze. Come qualcosa che porta inevitabilmente le persone ad allontanarsi tra loro, con un risvolto negativo sulla qualità dei servizi erogati. Ma, al contrario, la Telemedicina e i suoi strumenti possono ridurre queste distanze.

Possono garantire equità di accesso alle cure a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo di provenienza, dallo stato sociale, dall’etnia, dall’età.

La Telemedicina, pertanto, esce dall’ambito puramente sanitario e si pone come strumento per una maggiore inclusione sociale e culturale.

Tuttavia bisogna considerare alcuni aspetti limitanti della telemedicina. 

Vantaggi e svantaggi della telemedicina

L’accesso alla telemedicina, come ad altri strumenti di monitoraggio domiciliare, sembra non essere disponibile per tutti i pazienti. Questo porta inevitabilmente a una disparità nell’assistenza e a importanti disuguaglianze di salute.

Inoltre, si aprono nuove problematiche legate alla privacy, all’accesso e al potenziale abuso dei dati dei consumatori. È necessario pertanto considerare gli aspetti etici legati a queste nuove tecnologie e alla promozione di criteri di equità per evitare che l’e-Health diventi un ulteriore fattore di discriminazione sociale, economica, e politica.

Altra problematica potrebbe essere rappresentata dalla lingua inglese, spesso usata in ambito tecnologico e spesso scarsamente parlata nel nostro paese, soprattutto nella popolazione anziana.

Per concludere, la telemedicina è senza dubbio un mezzo potente per il futuro, ma che al giorno d’oggi richiede sforzi per superarne le problematiche a essa legate e lungimiranza per le sue potenzialità.