Quali sfide attendono il settore medico sanitario per una buona digitalizzazione? Qual è il futuro della telemedicina? Quali sono gli strumenti che il digitale può offrire per il miglioramento del rapporto medico-paziente?

In questa intervista al Professor Antonio Vittorino Gaddi, Presidente della Società Italiana Telemedicina, scopriamo a cosa serve la telemedicina e quali sono le opportunità di questa tipologia di prestazione medico sanitaria.

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Quando e come è nata la Società Italiana Telemedicina (SIT)?

Prof. Gaddi:

La SIT nasce dalla volontà ferrea e dall’intuito di un collega che non è più con noi, Giancarmine Russo, medico di medicina generale a Latina. Aveva capito l’importanza della telemedicina per la gente, per il paziente, per l’anziano, per il bambino, per la medicina generale. 

Parliamo del 1978-1979, epoca nella quale non esistevano ancora i personal computer. Quando arrivarono i primi computer li connettevamo tra loro per cercare di scambiare dati sui pazienti. 

Per cui avevamo un’intensa attività di studio e di ricerca su queste nuove tecnologie. Tuttavia, non avevamo pensato all’importanza di portare questo tipo di tecnologia nella vita di tutti i giorni del paziente e del medico. 

È stata l’intuizione di Giancarmine che ha creato la società. Poi la società, come tutte le società scientifiche che in Italia non sempre hanno un cammino agevole, ha avuto alterne vicende: ha proposto dei congressi, poi si è fermata, ha avuto molte adesioni e molte resistenze. 

È giusto che i giovani sappiano che da oggi in poi si parlerà di telemedicina. In passato veniva considerata una cosa dal carattere amministrativo che semmai doveva avere la finalità di far risparmiare qualche soldo a qualche pubblica istituzione. Pertanto, per vent’anni è stata utilizzata molto poco. 

Un po’ per la pandemia [da Covid19, n.d.r.], un po’ grazie alla volontà di alcuni soci, che nel 2020 abbiamo deciso di far ripartire con grande forza la SIT. Dai 50-60 soci dell’epoca adesso ne ha 600.

È articolata in sezioni regionali. Oggigiorno, grazie all’apporto di giovani e meno giovani, sta andando davvero bene, sia attraverso focus group disciplinari, sia attraverso una distribuzione sul territorio nazionale.

Quali sono le principali attività svolte dalla SIT e quali sono i vostri obiettivi?

Prof. Gaddi:

Il nostro obiettivo principale resta quello di studiare da un lato e applicare dall’altro tutto ciò che le Information and Communication Technologies (ICTs) possono dare all’ambito medico, però seguendo la definizione di e-Health data dai ministri dell’Unione Europea nel lontano maggio del 2003: è una buona e-Health qualunque applicazione delle Information and Communication Technologies che, a prescindere dal tipo di tecnologia, sia in grado di incontrare e soddisfare i bisogni del malato e del personale sanitario, ma anche dei cittadini e dei governi. 

Ci sono poi altre definizioni più complesse. Per raggiungere questa finalità bisogna articolarsi in varie tipologie di attività specifiche, alcune sono disciplinari (cioè correlate a specifici campi di applicazione).

Tenete conto che sono molto presenti tutte le discipline mediche,  come ad esempio la telecardiologia, la telegeriatria, l’assistenza al home-care, l’assistenza territoriale con/senza le farmacie, gli infermieri di comunità, tutte le nuove figure che si affacciano alla scena sanitaria, e tante altre.

Qual è la percezione che le persone hanno sulla SIT e sulla Telemedicina? Avete fatto degli studi o dei sondaggi?

Prof. Gaddi:

Per quanto riguarda la percezione verso la SIT possiamo dire che questa è cresciuta moltissimo.

 Al suo interno ci sono esperti di mass media e anche giornalisti. Quindi grazie alle persone che ci sono e a quelle che verranno, la SIT si farà conoscere sempre di più, sia come società sia come gruppi funzionali nelle singole regioni.

Inoltre, ultimamente abbiamo deciso di includere come soci non solo i medici, che sono l’ossatura portante, ma anche gli ingegneri, gli informatici, i matematici, i giuristi, gli esperti di discipline umanistiche, rappresentanti dei cittadini e del volontariato. Stiamo crescendo, sempre più gente ci conosce.

Abbiamo delle ricadute importanti sui social, ma restiamo comunque una società scientifica che parla principalmente ai professionisti il cui scopo è fare promozione della formazione della ricerca, e non tanto disseminazione periferica alla gente.

Invece, per quanto riguarda la percezione che hanno le persone della telemedicina, io direi che è molto confusa in questo momento. Tutti ne hanno sentito parlare, in epoca di Covid ancora di più. Dico confusa perché la nostra popolazione, come anche in altre parti d’Europa, si nutre di quello che viene detto dai giornali.

Gli articoli sulla telemedicina sono stati relativamente pochi e non sempre illuminanti. Ad esempio, in Italia nessuno conosce la definizione di e-Health. I giornali non hanno portato un contributo informativo e Internet fornisce informazioni parcellizzate, diverse l’una dall’altra, poco coerenti, se non addirittura vere fake news.

Probabilmente se interroghiamo venti persone diverse per età, cultura e nazione ci danno venti definizioni di cosa può essere la telemedicina. 

Però se questo fenomeno mi scoraggia dal punto di vista culturale, da un punto di vista operativo io ritengo che non sia un grande problema. Se saremo bravi porteremo la telemedicina a regime, come strumento usuale e abituale degli atti sanitari senza colpo ferire e senza neanche nominarla. Certo è che adesso abbiamo bisogno di dare dei nomenclatori.

Se guardate, infatti, la conferenza stato-regioni e l’Istituto Superiore di Sanità hanno dato una definizione di tutto. Tuttavia queste cose non servono perché il vero processo fisiologico è fare in modo che i medici e il personale sanitario usino queste tecnologie e le applichino alla salute. Il cittadino non deve neanche accorgersi che sono state applicate.

Quando i cardiologi hanno inventato il fonendoscopio, noi non abbiamo spiegato a tutta la gente che cosa era la fonendoscopiologia, l’abbiamo usato e basta, poi le persone si sono abituate a vedere il medico con il fonendoscopio in mano. Questo aspetto è lo stesso che va attuato in tutto ciò che riguarda la salute umana.

La salute del paziente al centro di tutto

Quando si tocca la saluta umana il centro deve essere il paziente, la sua salute e il suo benessere. Se mettiamo l’attenzione sullo strumento tecnologico stiamo facendo un errore, perché stiamo spostando l’attenzione sull’oggetto e non su quello che deve essere il risultato.

Quindi se saremo bravi, utilizzeremo le tecnologie, l’informazione e la comunicazione per potenziare la medicina senza bisogno di dover creare un’ulteriore disciplina.

La telemedicina non è una disciplina in più, è medicina fatta bene con strumenti tecnologici che sempre più dovranno essere usati da tutti. Bisogna andare più nella direzione della visione della percezione della persona del suo benessere, del suo stato di salute e di quello di chi gli è vicino.

È chiaro che se io fossi il titolare di un’impresa che vende un saturimetro di un certo tipo avrei obbligatoriamente bisogno di puntare l’attenzione anche sull’oggetto e quindi di spostare tutto il concetto di malattia polmonare sull’idea che tu devi mettere questa cosa sul dito, guardare lo schermo, guardare i numeri, riferirli ad un medico, eccetera.

Gli anziani vengono molto facilmente disorientati da queste cose, direi depistati. L’anziano non deve essere teso a mettere il saturimetro e a leggere il numerino, deve essere soddisfatto perché in quel momento magari ha un bel libro ed è seduto sulla sua poltrona davanti al caminetto. Non so se mi sono spiegato chiaramente.

Previsioni per il futuro circa gli scopi da raggiungere e le tempistiche?

Prof. Gaddi:

Il primo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentato un anno fa, era assolutamente inefficiente e non avrebbe potuto far nulla di buono. Con il cambiamento dei governi e gli eventi politici degli ultimi mesi ci sono state molte modifiche migliorative.

Quello che di buono verrà fatto con i fondi della parte di digitalizzazione del PNRR, che riguarda molti settori, verrà messo a sistema nel Sistema Sanitario Nazionale nel 2025. Se in questi due anni di applicazione di cose buone che già abbiamo, e non tanto di ricerca di cose nuove, funzioneranno a dovere, io penso che fra tre anni ci possa essere un salto in avanti in alcuni settori della salute. Ma non in tutti.

La gestione della salute individuale è collettiva, e tutte e due sono compiti dello Stato. Se questa visione della salute dovesse essere migliorata per tutte le fasce di età e per tutte le malattie ci troveremo di fronte a un problema di vera e propria complessità, difficilmente risolvibile a prescindere dal fatto di avere 17 miliardi di euro.

Non è più una questione di cifra o di fondi, e forse neanche di buona volontà, è una questione di cambiamento complesso di un’intera organizzazione sanitaria che cambia in uno stato, e mentre cambia in quello stato deve anche cambiare negli altri stati vicini. Deve peraltro essere attuata rispettando tutti i sacri principi di equità della distribuzione delle risorse, di accesso alle cure, eccetera.

Diventa quindi un’operazione epocale. Qui si crea un piccolo problema: le tecnologie si evolvono con una velocità altissima, alcune addirittura evolvono e muoiono, venendo soppiantate da altre. Questi cambiamenti di carattere strategico-organizzativo, tuttavia, richiedono che la gente e le organizzazioni si adeguino, che cambi la nostra mentalità.

Sono processi lenti, lungo i quali spesso si contano i morti degli insuccessi, perché in tutti i progressi della medicina c’è sempre stato quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato. Peraltro, se noi oggi sapessimo curare tutti nel modo più perfetto del mondo forse allora non servirebbero nemmeno più gli ospedali. Saremmo arrivati vicini al buon Dio nel gestire il destino degli uomini. Non è così, è un percorso lento.

Quindi sono molto ottimista dei risultati misurabili in brevi termini. Ma sono anche realista sul fatto che per mettere a sistema e applicare veramente bene tutte le tecnologie e tutte le nuove potenzialità all’intera popolazione per tutte le malattie ci vuole un processo necessariamente lento, di cambiamento, che avverrà nei decenni.

Il gap 90/10 della salute

Io auspico che questo avvenga in modo parallelo in tutti i paesi del mondo perché altrimenti il gap 90/10 di cui ci parla il Global Forum della Health Research dell’Organizzazione Mondiale di Sanità aumenterà ancora di più e ci saranno ancora più disparità.

Il gap si chiama 90/10 perché si basa sul principio che il 90% delle risorse nel campo della salute viene impiegato per quel 10% della popolazione mondiale e, viceversa, il 10% rimanente viene utilizzato per curare il restante 90% della popolazione mondiale.

Credo che la tecnologia ha in sé il potenziale per aiutare tutti di più, ma ha in sé anche il rischio di aumentare i divari. Allora in questo processo, quello lungo, non quello del PNRR, bisognerà stare veramente attenti. Mi riferisco alle future generazioni per cercare di portare avanti in armonia e equilibrio questo sviluppo.

Conclusioni

Christian Pergola:

Al termine dell’intervista è doveroso sottolineare l’importanza del Digital e della digitalizzazione in quanto mezzi, ovvero strumenti che devono servire a semplificare la vita. Devono essere dei substrati praticamente trasparenti, come se fossero delle «protesi del corpo umano», per citare Marshall McLuhan

Non deve esserci una soluzione di continuità tra strumento e soluzione, ma lo strumento deve essere praticamente “invisibile” per le persone e agevolare la loro vita in risposta ai problemi da risolvere. 

Questa cosa è molto importante, perché spesso c’è una sorta di feticismo nei confronti degli strumenti che ci fa deviare da quello che poi è l’obiettivo effettivo, quindi risolvere un problema.

In conclusione, un ringraziamento al professore. È stata un’intervista davvero interessante.

Crediti

Anna Vrtev ha intervistato per Midable Magazine il professor Antonio Vittorino Gaddi, Presidente della SIT (Società Italiana Telemedicina).

Introduzione di Silvia Infriccioli (SIT). Interventi di Christian Pergola (Midable).

L’intervista è stata registrata in data 8 novembre 2021.

Intervista completa in formato video