Il computer come alleato o come manipolatore delle menti? 

La relazione fra uomo e computer, soprattutto se riferita ai nuovi social media, sta diventando il tormentone degli ultimi anni. Fra minimizzatori e allarmisti la captologia sta portando a un’analisi più dettagliata delle interrelazioni fra privacy, utilizzo dei dati e grandi colossi mondiali. È forse il caso di temere per il nostro futuro?

The Social Dilemma e il risveglio delle coscienze

Mentre il dibattito fra sociologi e psicologi dura da tempo, il problema della possibile manipolazione delle nostre menti attraverso l’uso del pc e dei social media ha assunto maggior spessore dopo l’uscita del film documentario The Social Dilemma.

Questa pellicola, presentata il 26 Gennaio 2020 al Sundance Film Festival, è stata distribuita nel Settembre dello stesso anno su Netflix, diventando in breve tempo uno dei film più visti dal pubblico della piattaforma.

Il dibattito si è infuocato e ognuno di noi ha avuto la possibilità di conoscere il problema o quanto meno di porsi alcune domande in modo diretto.

Il documentario The Social Dilemma è un atto di accusa fatto dall’interno, dagli stessi “costruttori” dei social network verso le loro creazioni. Il tutto prende vita da una serie di domande, risposte, dialoghi, considerazioni e rivelazioni che il regista Jeff Orlowski assembla e propone al grande pubblico.

Le voci che danno vita al film sono importanti e di grande spessore (come Tristan Harris, “protagonista” ed ex consulente etico di Google).

Citazione se non stai pagando allora il prodotto sei tu

Un mondo “drogato” dai social media

Secondo il documentario, sono sempre di più le generazioni rassegnate a vivere in una forma di isolamento dalla realtà. Menti manipolate che non possono più decidere niente, perché ormai è la macchina che decide per loro. 

Ma è veramente un sistema sfuggito al controllo, oppure come sostengono alcuni il documentario propone solo temi scontati trasformando gli utenti in zombie virtuali senza più capacità intellettiva?

I social network fanno male alla salute delle persone e creano dipendenza al punto da alienare l’individuo e orientare le sue scelte attraverso gli algoritmi?

Un’estinzione imminente per l’umanità o un allarmismo senza fondamento, considerando che tutto può essere pericoloso o utile, ma dipende soltanto dall’uso che ne viene fatto.

Sicuramente la relazione fra i dati forniti dagli utenti e le multinazionali che li detengono pone un problema etico e sociale: la necessità di una regolamentazione.

Una regolamentazione sull’utilizzo di quei dati sta diventando una richiesta sempre più pressante da parte delle associazioni dei consumatori, dei sociologi e psicologi del mondo.

Ma come ci poniamo di fronte a questi strumenti?

Non bene. Da studi effettuati negli Stati Uniti emerge che mediamente un adulto trascorra due ore al giorno sui social e un adolescente fino a nove.

Anche non volendo dare credito alla posizione catastrofica del lungometraggio di Orlowski, il tempo dedicato allo scrolling sui social è veramente tanto.

Che questo sia voluto dagli stessi informatici che li hanno progettati per svegliare in noi un bisogno compulsivo, oppure sia solo il risultato delle nostre solitudini, una domanda dobbiamo porcela:

ci rendiamo conto di quante ore di una nostra giornata tipo regaliamo al mondo virtuale sottraendole a quello reale?

Certo, come sostengono altri studi, il problema è complesso e coinvolge non soltanto il tempo trascorso, ma anche i contenuti visualizzati.

Per tutte le cose dipende molto dall’uso che ne viene fatto e questo vale anche per l’argomento che stiamo trattando. Durante il periodo della pandemia Covid-19 sicuramente i social possono essere diventati punti di contatto per emergere da una solitudine imposta dalle restrizioni sanitarie.

La Captologia

A cercare di dare una risposta alle tante domande che sicuramente ci stiamo ponendo arriva in soccorso la scienza nella nuova veste della Captologia.

L’Enciclopedia Treccani definisce la captologia nel seguente modo:

«Branca delle scienze sociologiche che studia l’impatto delle tecnologie interattive su comportamenti, abitudini, convinzioni di chi naviga in rete»

Questa scienza nasce nel 1996 dalla coniazione del termine “Captology” fatta dal Dott. Fogg (direttore del Laboratorio di Tecnologia Persuasiva presso la Stanford University).

Il termine “Captology” è stato coniato dallo stesso Fogg dall’acronimo CAPT (Computers As Persuasive Techonogies).

Il Dottor Brian Jeffrey Fogg e la captologia

Dott. Brian Jeffrey Fogg

Prima di affrontare il tema dell’utilizzo dei pc come tecnologie persuasive dobbiamo dare la definizione di cosa si intende con il termine “persuasione”.

La persuasione possiamo vederla come il tentativo di far fare a un soggetto ciò che non farebbe di sua spontanea iniziativa.

Se vale la regola che più una persona ci conosce e più è in grado di persuaderci, certamente i pc – strumenti nati per supportarci nelle attività quotidiane di studio, lavoro e intrattenimento – possono diventare dei persuasori occulti estremamente potenti. Il computer diventa quindi il miglior mezzo per manipolare le persone e farsele amiche.

Secondo gli studiosi di captologia, il nostro più grande problema è quello di ritenere i pc neutrali, o peggio ancora, quello di rapportarsi a loro come se fossero delle persone.

Non avendo ancora un carattere intenzionale, le intenzioni manipolatorie dei computer sono quelle dei programmatori e non certamente quelle dei computer. Questi, per adesso, analizzano e raccolgono ciò che un algoritmo gli comanda, a seconda delle intenzioni e dei bias di chi ne ha sviluppato il software e progettato l’architettura informativa.

Ormai il valore di un’azienda non dipende più soltanto dal capitale o da ciò che sa fare, ma dipende soprattutto dal patrimonio dei dati che possiede. Più noi forniamo dati (con iscrizioni, cookies, ricerche etc.) più veniamo targhettizzati.

La profilazione del target

La pratica della profilazione è diventata uno degli elementi fondamentali alla base di ogni scelta di marketing aziendale.

Pensiamo soltanto a ciò che ci viene proposto da Google oppure da Facebook. Quando facciamo una ricerca, immediatamente compaiono sui nostri social pubblicità e articoli riferiti a ciò che abbiamo cercato.

E se da un lato ci aiuta a farci vedere ciò che ci interessa veramente, dall’altro limita molto le nostre conoscenze o idee su determinati argomenti, non mostrando una voce diversa dalla nostra.

Altro esempio che sicuramente è successo a tutti noi è quello di incappare nelle tecnologie di geofencing, le quali ci portano ad avere informazioni sull’acquisto di negozi vicini a noi o segnalazioni di luoghi dove siamo passati (Google lo fa continuamente attraverso Google Maps).

Tecnologie Persuasive

Facciamo adesso qualche esempio di tecnica persuasiva usata dai social e cerchiamo poi di scovarle nella nostra quotidianità per vedere se inconsapevolmente ci siamo cascati.

Possiamo difenderci da qualcosa solo se la conosciamo.

Facebook ha una tecnologia persuasiva potentissima e studiata per inchiodarci il più possibile allo schermo. Pensiamo ad esempio al tagging: un messaggio comunica che sei stato taggato, ma non fornisce altra informazione, costringendoti quindi ad aprire l’app per scoprire il contenuto del tag e magari rimanere incollato sul social una volta al suo interno.

Questa tecnica fa aumentare il tempo di permanenza sui social. E più tempo si trascorre sul social più pubblicità vediamo e più dati forniamo all’algoritmo.

Alla base dell’intelligenza artificiale che regola questi strumenti c’è semplicemente un algoritmo. Più vieni inchiodato a visualizzare determinati contenuti e più vengono proposti contenuti simili, con un bombardamento continuo di spot, notifiche, email e così via.

Smartphone e Slot machine

Smartphone come slot machine nella captology

Sempre in riferimento ai meccanismi che vanno ad agire sul nostro intento, lo smartphone è stato paragonato a una slot machine: sempre a nostra disposizione, è ormai diventato una presenza imprescindibile del nostro vivere quotidiano.

Forse non ci rendiamo conto che il display tecnologico e le app accattivanti molto spesso ci portano a consultare spasmodicamente il telefono senza un bisogno effettivo.

Lo strumento del “rullo virtuale”, tipico delle slot machine, viene infatti usato anche dai più importanti social. Se ci pensiamo, Facebook è la più grande slot machine del mondo:

i like sono la moneta sociale che ci lega alla piattaforma, dandoci quel senso di gratificazione ogni volta che vediamo che qualcuno ha lasciato un riconoscimento su una nostra pubblicazione.

Ogni notifica ricevuta è assimilabile a un giro del rullo, il quale si traduce in nuovi scrolling e in maggior tempo passato sul social.

Le stesse richieste di contatto sono determinate da un algoritmo che propone nuove persone sulla base delle conoscenze acquisite, delle affinità dei profili e dei comportamenti online. In questo modo si viene a creare un mondo chiuso fra soggetti che la pensano in modo uguale o vivono in modo simile.

Un problema etico questo per una società come la nostra, fondata sull’ideale della libera scelta individuale e sulla libertà più in generale.

Conclusioni

Sicuramente quello che oggi manca maggiormente nelle persone che utilizzano i social è la consapevolezza di ciò che avviene dietro a ogni loro click.

Una regolamentazione più ferrea e una informazione più accurata potrebbero arginare il rischio che uno strumento così innovativo e importante possa trasformarsi in un boomerang pericolosissimo.

La conoscenza è sempre alla base di ogni libera scelta. E se la scelta è libera, lo spazio per la manipolazione diventa esiguo.

Educare all’uso dei computer e delle tecnologie digitali dovrebbe diventare materia di studio al pari della letteratura e della matematica. Il progresso non può prescindere dalle nuove tecnologie, ma l’uomo ha bisogno di strumenti e di tempo per capire come riprendere in mano il timone della propria esistenza.

Fonti

Gianluca Tramontana, Captology, ovvero la tecnologia persuasiva.

SoloTablet, Smartphone: una slot machine mobile, miniaturizzata e sempre a portata di mano.

Vogue, The Social Dilemma: i social nuocciono davvero alla tua salute mentale?